Joan Miró i Ferrà (Barcellona 1893 - Palma di Maiorca 1983), uno degli artisti spagnoli piú originali ed estrosi, fu pittore, scultore, e ceramista. Considerato uno dei massimi rappresentanti del surrealismo, Miró rivoluzionó l’arte del Novecento grazie al suo stile inconfondibile, che si ispirava all’inconscio, alle sue origini e al mondo infantile. Durante tutta la sua carriera artistica, Miró cercó sempre di abbandonare i metodi convenzionali di pittura, per riuscire a trovare una chiave di lettura piú contemporanea e fedele alla vera essenza delle cose, come afferma lo scrittore americano George E. Kent su di lui: “ogni sua opera si riduce a un altissimo esercizio di stenografia: simboli e ghirigori, che sono il suo modo di ridurre la realtà all'essenziale”.
A partire dal 1920 (epoca in cui si trasferì a Parigi) il suo stile inizió ad addentrarsi sempre piú nel Surrealismo, a tal punto che nel 1924 Miró entró a far parte del gruppo dei surrealisti, fondato da André Breton e da altri artisti appartenenti al Dadaismo. Nelle sue composizioni surrealiste, Miró non dava importanza allo sfondo, di solito neutro e a tinta unita, e tutta l’attenzione si concentrava sulle figure, estremamente stilizzate e geometriche. L’opera simbolo del periodo surrealista è il “Carnevale di Arlecchino”.
"Lo spettacolo del cielo mi sconvolge. Mi sconvolge vedere, in un cielo immenso, la falce della luna o il sole. Nei miei quadri, del resto, vi sono minuscole forme in grandi spazi vuoti."
"Gli spazi vuoti, gli orizzonti vuoti, le pianure vuote, tutto quello che è spoglio mi ha sempre profondamente impressionato."
"Sentivo un profondo desiderio di evasione. Mi richiudevo liberamente in me stesso. La notte, la musica e le stelle cominciarono ad avere una parte sempre più importante nei miei quadri."
"Lavoro come un giardiniere o come un vignaiolo. Le cose maturano lentamente. Il mio vocabolario di forme, ad esempio, non l'ho scoperto in un sol colpo. Si è formato quasi mio malgrado.Le cose seguono il loro corso naturale. Crescono, maturano. Bisogna fare innesti. Bisogna irrigare, come si fa con l'insalata. Maturano nel mio spirito."
"Un ciottolo, che è un oggetto finito e immobile, mi suggerisce non solo dei movimenti, ma movimenti infiniti che, nei miei quadri, si traducono in forme simili a scintille che erompono dalla cornice come da un vulcano."
"L'arte popolare mi commuove sempre. Non vi è, in quest'arte, né inganno né trucco. Va diritta allo scopo. Sorprende ed è talmente ricca di possibilità."
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